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CAMBIA LA MUSICA

Questa settimana per me è stata abbastanza avara di notizie interessanti, oltre ai guai della maggioranza per ragioni esogene (tre differenti processi interessano tre differenti protagonisti politici) ed endogene (sopratutto collegati ad una possibile riforma della giustizia) poco altro, fino a che non ho trovato un articolo sulla Stampa che parlava del declino dei ballabili.


L’articolo era in realtà un intervista a tre differenti personalità del mondo dei night club: un esponente del sindacato di categoria, un DJ attualmente in attività e un talent scout attivo di successo attivo negli anni ‘80 e ‘90 soprattutto.

Però andiamo con ordine, qual’è effettivamente la situazione delle discoteche in Italia. I numeri lasciano poco spazio all’immaginazione: si è passati dai 9000 locali nel momento di picco tra gli anni ‘80 e ‘90 agli attuali 3000 circa (l’articolo riporta che nella sola Rimini i locali nel momento di massima espansione erano 150 oggi ne sono rimasti 40).

La mente di tutti corre alla pandemia e al nostro approccio che ha previsto lunghe chiusure per questo tipo di attività, ma non precipitiamo a conclusioni troppo rapide.

La crisi parte più indietro e non sembra essere stata sentita solo dalle imprese italiane, ma pare qualcosa che accomuna tutta l’Europa.

L’Economist già nel 2016 descriveva come i locali notturni in Gran Bretagna si fossero dimezzati ed anche in Germania locali storici furono costretti ad abbassare le serrande. In generale il giro d’affari dei tradizionali clubs si sarebbe ovunque contratto. Tra le cause viene riportata la gendrificazione, che andava a cambiare la composizione dei quartieri e aumentava gli affitti medi. Anche da noi venne fatta un indagine su Repubblica che denunciava la stessa emorragia di locali, e in un intervista al capo del sindacato dei locali notturni identificava le cause del calo nella concorrenza sleale dei party privati in ville e case private…nell’intervista di questa settimana denunciava invece la concorrenza non normate dei locali sulla spiaggia…

Oggi le discoteche di provincia sono diventate luoghi abbandonati, ricordi di una corsa all’apertura di nuovi locali, relitti di un epoca di divertimento confezionato

Quello che appare evidente a tutti, ma non al rappresentante sindacale, è il cambio del modello di consumo nella fruizione del servizio dell’intrattenimento serale. Questi cambiamenti accompagnano la storia umana da sempre e anche se ci può sembrare difficile da credere i contemporanei al cambiamento difficilmente si rendono conto della modifica.


Nel tempo ci sono stati diversi cambiamenti negli stili di vita e solitamente più i cambiamenti sono stati dirompenti (oggi diremmo disruptive) più sono stati contrastati da atteggiamenti o veri e propri movimenti che hanno cercato di costruire una narrativa quasi sempre simile, basata su due punti cardine: quanto si stava meglio prima e quanto questo cambiamento sta modificando in maniera negativa la moralità dell’intera società.

Un disegno di Ned Ludd, immaginato come vestito da diversi stracci, si capisce molto bene il dileggio e il pensiero di chi ha pensato a questa caricatura

Per far capire che non è un atteggiamento solo attuale andrò molto indietro nel tempo: alla vigilia della rivoluzione industriale il mondo della produzione si basava ancora sul lavoro a cottimo demandato alle masse contadine, tutto cominciò a cambiare quando il motore a vapore venne accostato ai telai per la filatura, per dimensione e costo quei macchinari non potevano essere acquistati da famiglie contadine e furono collocate nelle fabbriche, una vera rivoluzione per i contemporanei, ora il lavoro doveva essere svolto in un luogo terzo rispetto a casa propria, con tutte le scomodità del caso, bisognava trasferirsi nelle sue vicinanze e inoltre veniva meno la libertà di decidere come svolgere il proprio lavoro, ora bisognava rispettare orari e ordini impartiti dal proprietario della macchina. La popolazione comincia ad essere irrequieta e nell’aprile del 1811 centinaia di persone attaccano una fabbrica di filati in Inghilterra con l’obiettivo di distruggere i mezzi di produzione, capitanati da un tessitore di nome Ned Ludd, era l’inizio del luddismo.

In realtà non abbiamo la certezza dell’esistenza di quel tessitore rivoltoso, ma il movimento era effettivamente esistente, era una minoranza, come capita spesso, ma molto rumorosa e rappresentava l’odio verso il cambiamento in corso, con la glorificazione di un passato bucolico e la denuncia della immoralità cittadina. Il luddismo si affievolì in fretta e venne inglobato nei movimenti sindacali.

L’ultimo samurai romanza molto la vicenda e la porta su binari distanti rispetto alla realtà. I pochi contro i molti che si ergono a paladini della natura in un martirio già scritto. Non proprio quello che avvenne.

Un altro esempio storico più vicino a noi è stato raccontato anche da Hollywood, la ribellione di Satsuma, che sul grande schermo conosciamo col titolo dell’ultimo samurai con Tom Cruise.

La ribellione nasce dall’ insoddisfazione verso la modernizzazione voluta da governo Meiji, che voleva portare il Giappone nel presente del mondo pacifico: cambiando costumi, cultura, strumenti bellici con la conseguente abolizione dei samurai (una casta militare nata nel Giappone feudale, i nostri cavalieri, che già la Firenze di Dante aveva messo al bando). Anche in questo caso viene minato un interesse proprio di una minoranza, che solleva problemi di ordine morale e declino a confronto di un passato glorioso.

La rivolta si concluse in un bagno di sangue, rimasero sul terreno circa 30000 uomini e migliaia di feriti. Il Giappone riuscì pagando un altissimo prezzo a fare quel balzo in avanti che cercava.

Solitamente tutti questi strappi in avanti o modifiche rilevanti di costume o di consumi sono dettati da cambiamenti tecnologici che a volte vengono accelerati da eventi esterni, basti pensare per collegarci all’inizio al Covid e alla spinta verso la tecnologia che ha imposto: il telelavoro, l’intrattenimento on demand da casa, sempre maggiori strumenti per poter comunicare a distanza, la ricerca scientifica.

Nel corso del 2020 il Nasdaq, ossia il listino newyorkese che raccoglie le aziende votate alla crescita tramite un utilizzo intensivo di nuove tecnologie ha avuto un incremento record che è continuato anche nel 2021 e solo il cambio di politiche monetarie è riuscito a frenare. Nonostante la presenza di una narrativa speculativa, che indirizzava i capitali in quella direzione, i fondamentali erano e sono presenti e forti, basta leggere i dati finanziari dei protagonisti della crescita che ancora ci fanno compagnia quotidianamente: zoom era un azienda che solo nel 2019 si era quotata ed ha concluso l’anno con introiti intorno ai 400 milioni di dollari, nessuno nel mondo di massa la conosceva e trovava applicazione solo in qualche azienda o in alcune scuole americane, oggi la conosciamo tutti, facciamo una zoom è entrata nel lessico quotidiano (anche se poi non si utilizza proprio zoom magari) e l’azienda è arrivata a fatturare 4 miliardi all’anno e ad essere sempre in utile.

Tutto ha subito una spinta in avanti nella direzione che già stavamo seguendo. Chi non è riuscito a stare al passo e a compiere le evoluzioni necessarie è stato travolto dal cambiamento. Quando tutto cambia restare immobili non ci consente di restare realmente uguali, ma peggioriamo in termini assoluti e non solo relativi. Un esempio lampante lo abbiamo avuto questa settimana con la pubblicazione dei test invalsi: il corriere la definisce una problematica da long-covid. I dati sono inequivocabili la scuola dal 2019 non è riuscita più a crescere, anzi la decrescita è evidente, con le fasce più fragili che sono quelle ad essere maggiormente colpite (sud, ripetenti, immigrati, deficitarie condizioni socio economiche). Molti strumenti che a livello corporate hanno visto un esplosione e che a livello scolastico potevano diventare un boost per l’apprendimento (la registrazione delle lezione con la possibilità di rivederle, lo sbobinamento automatico del parlato, la possibilità di aumentare la qualità e il coinvolgimento dell’insegnamento tramite la condivisione di materiale multimediale) sono diventate delle ancora immalleabili per chi si è trovato a gestirle, la scuola a tutti i suoi livelli non è riuscita a trovare delle linee guida comuni e al grido di: “era meglio prima” si è ammainata ogni possibilità di migliorare.

Da notare che le elementari che erano da sempre un vanto del nostro sistema scolastico cominciano anche loro a risentire gli effetti di un mondo che va avanti mentre loro restano sempre uguali a se stessi

È un peccato perchè parliamo di un settore strategico per il futuro di tutto e tutti.

Ma anche il mondo del lavoro ne risente, quello italiano ha sempre avuto un deficit di produttività che è andato via via allargandosi anche a causa della mancata spinta all’innovazione, ciò ha comportato anche uno svantaggio salariale per i lavoratori (il sole 24 ore l’ha stimato in 3700 euro annui rispetto alla media europea).

Anche a livello finanziario i cambi di trend possono essere croce e delizia, le maniere per cercare di non farsi travolgere dal cambiamento sono tre: la diversificazione, ossia coprire tutti i settori e le latitudine, questo non vuol dire aver tutto in maniera equidistribuita, magari pesando in maniera differente ciò che ci sembra più rischioso ma standoci investiti; un bagno di realismo, molte volte si tende ad innamorarsi di ciò che si è scelto di mettere in portafoglio, ma questo non ci aiuta a restare razionali; infine anticipando i cambiamenti (sempre con l’attenzione alla diversificazione) con investimenti nei megatrend in essere concedendo maggior tempo a queste realtà (vi basti pensare che chi ha investito in Apple nel 2004, ossia vent’anni fa, oggi riceve annualmente quello che ha investito sotto forma di dividendo, oltre ad avere incredibilmente incrementato il valore capitale della posizione)

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