top of page

Il Mese dei Trattori!

Da oltre un mese l’Europa è scossa dalle proteste degli agricoltori che in queste ultime settimane  hanno alzato i toni e sono giunte anche in Italia.

Durante la protesta a Bruxelles è stata abbattuta una statua, un gesto quasi di cancel culture, solo che quella statua non rappresentava un potente ma un operaio, nello specifico un meccanico

Prima di addentrarci nelle problematiche economico finanziarie che stanno alla base della questione cerchiamo di capire: perchè protestano gli agricoltori?


Come si diceva all’inizio la protesta è estesa, anche se con tratti spontanei, e naturalmente le problematiche non sono completamente sovrapponibili, ogni nazione ha le proprie peculiarità in tema di politiche agricole, ma se dovessimo fare una massima sintesi lamentano una contrazione dei profitti a seguito di modifiche legislative ma soprattutto non ritengono corrette e sufficienti le norme della PAC.


La PAC è l’acronimo per le politiche agricole comunitarie del prossimo quinquennio. Viene definito un budget da allocare o a progetti in campo agricolo o direttamente (ma poi vedremo meglio come) agli agricoltori.


L’Europa dalla sua istituzione ha previsto diversi sussidi al settore agricolo, da un lato è ritenuto un settore strategico, la possibilità di produrre direttamente alimenti tiene salva la popolazione da problematiche esterne (come guerre o carestie), inoltre i sussidi aiutano a non incrementare la dinamica di abbandono delle campagne a favore delle città, permettendo due benefici, da un lato il sovrappopolamento delle metropoli e dall’altro il controllo e la cura di un esteso territorio. Inoltre consente ad un settore dalla bassa marginalità e quindi diseconomico di potersi mantenere.


Negli anni ‘80 l’Europa destinava oltre il 60% del proprio bilancio, la quota si è andata via via a ridurre fino al 20% del bilancio comunitario proposto nella ultima PAC, si parla di 386 miliardi di euro. Anche se il peso relativo del bilancio si è assottigliato resta comunque un impegno importante e superiore rispetto al peso che ha l’agricoltura nelle nostre economie.

Qui però nasce una prima problematica della PAC, perchè questo enorme flusso di denaro viene si destinato in parte in maniera diretta (190 dei miliardi riportati sopra) ma avvantaggia in maniera rilevante pochi e in media gli agricoltori percepiscono 5000 euro a testo, un inezia rispetto alle necessità.

È notevole la mancanza di redistrubuzione dei fondi della PAC

Naturalmente queste rivendicazioni covano da tempo e sarebbero comunque uscite durante l’approvazione della PAC, ma la questione è ulteriormente agitata dal fatto che si innestano in un tessuto economico fortemente lacerato dall’inflazione che è andata a erodere margini già risicati in un settore fortemente influenzato dai costi energetici, dei mangimi e dei fertilizzanti. Tutti fattori produttivi che sono aumentati ampiamente oltre all’inflazione ISTAT registrata.


Anche la guerra in Ucraina e gli aiuti concessi al Paese invaso hanno creato del malcontento, infatti sono stati annullati i dazi sui prodotti agricoli ucraini (grano su tutto) che hanno inondato i mercati agricoli europei andando ad abbassare i prezzi per un eccesso di offerta.

Si nota il picco con l’inizio del 2022, che viene via via riassorbito con l’accordo sul grano ucraino, ma oggi ci ritroviamo con un prezzo in linea rispetto a quello di 5 anni fa, ma con costi di tutti i fattori produttivi tutti rincarati

È necessario riportare il contesto per capire le varie posizione e giustificare anche le posizioni che tendono a polarizzarsi sempre più e gli animatori delle rivolte finiscono per parlare per slogan: infatti si parla di politiche europee guidate da un estremismo ambientalista e accusate di pesare in maniera troppo rilevante le rivendicazioni per l’ambiente rispetto alle necessità dei lavoratori del settore.


Fa effettivamente sorridere che come strumento massimo di lotta si sia utilizzato lo strumento del blocco stradale esattamente la stessa arma utilizzata dai giovani ambientalisti, che però a differenza dei primi sono stati più volta ripresi (in Italia è stata anche prodotta una norma ad hoc per andare a punire i blocchi stradali proprio dopo alcune proteste ambientaliste, salvo poi non essere poi così fatta rispettare quando a protestare sono gli agricoltori).


Questo non lo dico per esprimere un giudizio, ma per trovare una delle risposte al problema, che risiede nell’approccio della politica, che troppo spesso risponde alle esigenze di breve e meno alle questioni di lungo termine.


L’agricoltura è un settore a bassa marginalità, ma come tutto il mondo produttivo è stato investito dall’innovazione tecnologica che potrebbe aumentarne l’efficienza, ma se le aziende del settore non hanno un adeguata dimensione questi investimenti diventano impossibili da affrontare.

Inoltre le piccole dimensioni della aziende non permettono adeguate retribuzioni in fase di contrattazione con la grande distribuzione, che ha dimensioni molto più grandi del singolo agricoltore, una situazione di monopsonio, ossia il contrario di monopolio, la dimensione è tutta a vantaggio della domanda che riesce a muovere artificiosamente il prezzo verso il basso.

Queste problematiche tendono ad essere maggiormente visibili per esempio al sud Italia, dove il lassismo politiche e il clientelismo dei partiti è più evidente.


E questo è l’anno giusto per avere delle distorsioni dovute alle pressioni politiche, ci troviamo infatti nell’anno con la presenza di maggiori elezioni, tra queste anche quelle che rinnoveranno il parlamento europeo, che diventa sensibile alle richieste di gruppi di pressione più o meno organizzati.

76 Paesi al voto, mai così tanti nella storia, oltre 2 miliardi di elettori coinvolti, certo non tutti gli Stati sono veramente democratici (vedi Russia e Bielorussia) ma è sicuramente un unicum fino ad ora.

Le richieste dei “trattori” sono di abolire o comunque attenuare le regole ambientali (riposo dei campi, utilizzo dei fertilizzanti e la possibilità di non considerare il settore nel computo dell’obiettivo di neutralità carbonifera), la richiesta di vari sussidi (cambiano a seconda degli Stati singoli: sul gasolio, sulle tasse e su altre particolarità) e la richiesta di nuovi dazi verso i prodotti agricoli di Paesi esteri.


Dopo il settore automobilistico anche quello agricolo chiede a gran voce l’aumento dei dazi, che sono già ben presenti nel settore, per le ragioni riportate sopra, gli agricoltori sono allarmati dalla possibile “invasione” dei prodotti extra UE che non rispettano gli standard comunitari e creano quindi una concorrenza sleale.


Da un lato non si può che essere in accordo con questo pensiero, però questa riflessione riduce il consumatore ad un essere non realmente pensante ed orientato solo alla massimizzazione dell’allocazione economica e che non bada a concetti come la qualità e la sostenibilità, è vero che i consumi sono depressi dall’andamento economico non esaltante e infatti si nota come nei supermercati stiano aumentando le vendite delle cosiddette private label, però i prodotti di marca riescono ancora oggi ad avere un ottimo posizionamento e delle buone marginalità.

Così facendo gli agricoltori puntano tutto sul prezzo della materia prima cosa che in un prossimo futuro non farà altro che andare ad abbassare ulteriormente i prezzi di vendita.


Inoltre quello che nessuno sembra voler affrontare in Europa è la concorrenza, se arrivano dei prodotti sul mercato che sono qualitativamente uguale ai miei ma hanno un costo più basso io mi adeguerò o per aumentarne la qualità (ma non basta puntare sulle denominazioni IGP o DOC, perchè stanno diventando sempre più e perdono di senso) oppure abbassare il mio prezzo magari innovando il processo produttivo o ancora distinguendomi per altre caratteristiche (come la sostenibilità, anche in questo caso il BIO da solo non basta a reggere il mercato).


Invece in Europa pare non essere possibile discutere seriamente di concorrenza, ogni settore risponde ad iniziative volte ad aumentare il mercato o ad inserire nuovi player protestando e chiedendo tutele per il settore tradizionale.


Eppure ogni settore che è stato aperto alla concorrenza ha avuto grosse ricadute sui consumatori e non ha destabilizzato i bilanci delle aziende che hanno saputo cavalcarla.

Naturalmente anche nei mercati finanziari la concorrenza è fondamentale, riceve servizi di qualità avendo trasparenza sui prezzi che si vanno a pagare è fondamentale, ma non è ancora realmente compiuto.


Quello che questa storia ci insegna è che probabilmente le ragioni dell’oggi prevarranno su quelle del domani e forse questo ci farà essere sempre meno ricchi nel futuro, anche per questo è fondamentale allocare con saggezza i nostri risparmi già oggi e non trovarci nel futuro a dover riflettere sugli errori del passato.

Comentarios


bottom of page