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L’anno dell’intelligenza artificiale

È arrivato dicembre che essendo l’ultimo mese dell’anno impone delle riflessioni sull’anno appena trascorso. Quest’anno possiamo dire senza alcun dubbio che sia stato l’anno dell’intelligenza artificiale.


Da elemento sconosciuto è presto diventata a noi sempre più famigliare e ormai non esiste prodotto o servizio che non cerchi di integrarla o che comunque millanti un miglioramento proprio tramite la sua applicazione.


Anche all’interno del racconto quotidiano la IA è stata un protagonista assoluto. Basti pensare che ChatGPT, la prima vera applicazione che ha lanciato il dibattito dell’applicazione dell’intelligenza artificiale al grande pubblico, è stata nominata sulla carta stampata oltre 30.000 volte solo quest’anno in Italia e nel mondo viene utilizzata quotidianamente con almeno 10 milioni di richieste.

Nell’immagine Sam Altman, ceo o ex ceo, la situazione è complessa di OpenAI con lui sul palco Satya Nadella, ceo di Microsoft, tra i più grandi finanziatori della società, riuscendo ad accaparrarsi l’integrazione di ChatGPT in Bing il motore di ricerca dell’azienda di Redmon

Nella pratica l’intelligenza artificiale è la capacità di costruire hardware o software che abbiano capacità simili a quelle normalmente associate alla intelligenza umana: come la comprensione dello spazio intorno a noi o la capacità creativa.


Messa in questi termini è una cosa che è sempre stata l’obiettivo degli strumenti informatici, quello di rendere più facile le nostre vite dotandoci di mezzi sintetici che ci aiutassero nella vita quotidiana e quindi cercassero di somigliarci.


Quello che è sempre mancato era una potenza di calcolo adeguata e una raccolta di dati abbastanza grande da essere utilizzata come bacino formativo per i nuovi strumenti.

Oggi questi due limiti sono stati superati, lato hardware abbiamo alcuni super computer che hanno capacità di calcolo talmente enormi che in un ora di lavoro possono svolgere quello che un computer di casa impiegherebbe 120 anni. Queste macchine sono molto presenti anche in Europa: Lumi, in Finlandia, quello più potente in Europa e Leonardo qui in Italia, il sesto computer più potente al mondo.

Questo è Leonardo e si trova a Bologna, è costato 120 milioni di euro ed è composto da 3500 processori Intel e 14000 gpu Nvidia. Occupa un area di 1500 metri quadri. Un colosso.

Per quel che riguarda i dati, sono andati via via aumentando nel corso del tempo, ormai ogni cosa connessa trasmette o può trasmettere dei dati sullo strumento stesso e su quello che gli gravita intorno. Una mole di dati gigantesca stoccata in enormi data center in giro per il mondo. Ciò ha consentito il machine learning, ossia la possibilità che le macchine apprendano in maniera autonoma i dati, funziona attraverso l’identificazione di modelli nei dati e l’elaborazione di algoritmi che consentono ai computer di migliorare progressivamente le proprie prestazioni in compiti specifici. In sostanza, il sistema impara dagli esempi forniti, regolando i suoi parametri per fare previsioni o prendere decisioni senza istruzioni esplicite. Ciò effettivamente accomunerebbe le intelligenze umane a quelle sintetiche, e questo avvalora il pensiero di chi ipotizza un futuro distopico in cui le macchine sostituiscono gli uomini tutto ciò fa abbastanza paura e questo senso di terrore è ben spiegato dal concetto della uncanny valley.

Il concetto di uncanny valley riporta come le persone siano colpite favorevolmente all’aumentare della somiglianza tra robot agli esseri umani, la sensazioni di familiarità e confort viene a cessare quando la somiglianza risulta troppo intensa e di difficile distinzione tra umano e robotico

Proprio l’utilizzo di questa mole di dati e la possibilità grazie alle elevate capacità di calcolo, di utilizzare puntualmente questi dati, quasi personalizzarli, e non utilizzarli più come delle tendenze generali, impongono delle riflessioni etiche dal punto di vista della privacy. Anche l’utilizzo dell’IA nel contesto dell’informazione pone interrogativi etici, ad esempio la creazione di immagini generate artificialmente potrebbe indurre in errore molte persone e questo potrebbe portare vantaggi o svantaggi ad aziende, istituzioni o formazioni politiche. In Europa potremo da questo punto di vista essere dei precursori, il 6 dicembre di quest’anno infatti sapremo se verrà approvato l’intelligent act, che sarebbe la prima legge a delineare un quadro normativo inerente all’utilizzo dell’intelligenza artificiale.


Dal punto di vista puramente economico l’intelligenza artificiale è sicuramente una rivoluzione, capace da un lato di aumentare la produttività e dall’altro di limitare i costi del lavoro con approcci trasversali già oggi utilizzati: per esempio in campo medico si stima che entro il 2025 saranno dimezzati gli errori in campo diagnostico, in quello farmacologico già oggi l’utilizzo della IA permette di accelerare lo sviluppo di nuovi farmaci del 50% e ridurre i costi del 20%; inoltre i nuovi software permettono di anticipare i cambiamenti climatici e indirizzare a soluzioni mirate e concreto o ancora efficienza nei trasporti urbani e meno sprechi nell’utilizzo dell’energia ma anche nei settori più tradizionali, come le fabbriche di produzione, l’IA permette di diminuire gli sprechi e aumentare la qualità del prodotto finale e andando in contesti più piccoli la IA può essere uno strumento potentissimo per professionisti di ogni settore e già oggi è sfruttata nell’assistenza virtuale tramite gli ormai ovunque diffusi chatbot.


Naturalmente tutte queste migliorie aprono ulteriori risvolti etici in fatto di utilizzo della manodopera, certamente molti lavori tradizionali saranno resi obsoleti dalle nuove applicazione e gli Stati dovranno affrontare la problematica di milioni di persone che dovranno essere riallocate nel mondo del lavoro.


Ci troviamo di fronte ad un nuovo megatrend economico, nel prossimo triennio il 40% delle imprese italiane aumenteranno gli investimenti in questa tecnologia, sperando che nel tempo ci sia una riduzione dei costi industriali. Quest’ultimo punto è rilevante nelle applicazioni aziendali, devono esserci ingenti utilizzi di risorse finanziarie per integrare in maniera proficua i nuovi strumenti e questo pone una barriera soprattutto per le aziende più piccole e in Europa questo è un problema, le piccole e medie imprese rappresentano il 98% delle imprese industriali continentali e contribuiscono per il 65% nella creazione del PIL comunitario.


Allo scopo di capire come sono messe a livello di digitalizzazione le aziende medio piccole dell’area comunitaria è stato creato lo Sme Digital Growth Index, per l’Italia i risultati non sono positivi, il nostro Paese si colloca al 19esimo posto, ma male fanno anche le altre grandi nazioni, Francia e Germania. Ai primi posti si trovano i Paesi del nord Europa: Finlandia e Danimarca su tutti.

Quello che manca al vecchio continente per poter costruire una strada proficua è la presenza sul territorio di produttori di hardware che consentano la realizzazione di quei super computer necessari ai calcoli computazionali.


Comunque l’impatto a livello economico che ci si attende sarà gigantesco, farà aumentare il gdp globale del 7% nei prossimi 10 anni (di cui 300 miliardi solo in Italia una volta e mezzo l’impatto del PNRR).


A livello finanziario abbiamo già visto grande fermento nei titoli collegati alla AI, su tutti Nvidia il produttore di GPU (fondamentali nei complessi calcoli computazionali della IA) che ha fatto segnare quest’anno un aumento del titolo del 200%, ma anche AMD un altro produttore di hardware americano che ha innovato lato IA ha aumentato il valore delle proprie azioni del 60% in questo anno. Anche lato software le cose sono interessanti ad esempio Microsoft, una delle aziende più grandi al mondo, grazie agli investimenti fatti a tempo debito in OpenAI, il creatore di ChatGPT, ha beneficiato di un aumento rilevante in borsa +50%, anche Metà, l’ex Facebook, è riuscita grazie ai ritorni dell’intelligenza artificiale nell’ ottimizzazione dei comportamenti degli utenti a risollevare una situazione che era stata nel 2022 appesantita dalle ingente perdite del settore metaverso, quest’anno la performance è stata pari al +190%.

Qui è mostrata la progressione del 2023 del titolo Nvidia, da notare lo strappo di fine Maggio in corrispondenza con i dati della trimestrale superiori alle aspettative e con la comunicazione di un outlook futuro incredibile (battuto anche nelle due trimestrali successive). In pochi anni l’azienda è riuscita quasi a quadruplicare il fatturato ed aumentare gli utili.

Come abbiamo visto in precedenza le applicazioni e quindi anche i ritorni finanziari non si limitano strettamente al campo dell’information tecnology, ci si aspettano aumenti interessanti per le compagnie automobilistiche che riusciranno a produrre su ampia scala modelli che si autopilotino in maniera efficace; o ancora aziende biomedicali che riescano a sviluppare farmaci innovativi e aziende di largo consumo che riescano ad aumentare le vendite grazie a strumenti di marketing più efficaci grazie agli strumenti di IA.


Naturalmente anche se certo il successo del settore nel complesso, non possiamo nascondere che non tutto è ancora chiaro e che i rischi finanziari sono dietro l’angolo: infatti molte aziende innovative non hanno ancora pienamente sviluppato strumenti realmente vendibili o sfruttabili e quindi le quotazioni sono sorrette dalla possibilità che i prodotti/servizi in sviluppo saranno ottimali oppure daranno i risultati stupefacenti previsti, Nvidia è effettivamente un caso scuola in questo senso, ha un rapporto prezzo utile pari a 60 e questo sarà sostenibile solo se le future trimestrali continueranno a sorprendere positivamente i mercati, come hanno fatto finora, ma se così non fosse le quotazioni cadrebbero pesantemente; inoltre come abbiamo visto in precedenza potrebbero anche cambiare le regole del gioco, fino ad ora tutto il campo intelligenza artificiali si è auto limitato con codici di condotta liberamente adottati, ma se dovessero nascere delle regolazioni nazionali o sovranazionali il contesto potrebbe cambiare grandemente.

La foto mostra come l’aumentare dei titoli annulli il rischio sistemico. Quello che non dice è che diminuire il rischio non basta inserire tanti titoli, anzi oltre un certo numero potrebbe diventare deleterio, ma servirebbero titoli tra loro non correlati

Ciò fa tornare sempre verde il concetto di diversificazione, il futuro ci è ignoto e un investitore attento non può permettersi di non considerare l’imponderabile e l’unica maniera di annullare un rischio specifico è quella di diversificare in maniera corretta il portafoglio titoli, ben vengano in questo senso gli investimenti tramite fondi e anche nel caso di utilizzo di strumenti di gestione del risparmio sarebbe il caso di non puntare tutto sui cosiddetti investimenti tematici ma attuare una più classica diversificazione per area geografica, tipo di investimento, dimensioni delle aziende e asset class di riferimento.


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