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La doppia elezione greca e gli insegnamenti della crisi


Sul finire della scorsa settimana si sono tenute in Grecia le elezioni parlamentari.

È stato un plebiscito per Kyriakos Mitsotakis, leader del partito di centro destra Nuova Democrazia, che col oltre il 40% delle preferenze ha doppiato il secondo partito (Syriza) ed è riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento.

Viene spontaneo chiedersi cosa c’è di interessante nell’elezione di un primo ministro di un piccolo Stato europeo, a mio parere almeno due dettagli: il primo ha a che fare con il come ha vinto, infatti queste tornata elettorale è stata la seconda nel giro di due mesi.


Il secondo motivo ha a che fare con la recente storia della Grecia e con un paio di cose che dovremmo aver imparato (ma anche se non lo abbiamo ancora fatto non è mai troppo tardi) dalla vicenda ellenica.


Partiamo per ordine, Mitsotakis non ha vinto ma ha stravinto e così era stato anche a maggio, quando si sono tenute le elezioni per il rinnovo del parlamento. Nonostante l’ampia vittoria però non era riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta del parlamento il che lo avrebbe costretto a ricercare alleanze o con l’estrema destra (qui ci torneremo più avanti) o con i socialisti del Pasok; il dettaglio è stato che nella precedente legislazione è stata cambiata la legge elettorale che dalle elezioni successive alle prossime avrebbe concesso un premio di maggioranza.

Il primo ministro (appena ri insediato) forte della sua posizione ha quindi sciolto il parlamento e attuato una strategia azzardata, tornare al voto.


Si può pensare che in realtà questa possibilità fosse facile come tirare un rigore a porta vuota, in realtà può essere deleteria, infatti si costringe l’elettorato a tornare alle urne, questo potrebbe irritarli (avevo già espresso la mia idea e non ti è bastata?), non pensiate che tutti gli elettori siano dei supporter accaniti, oppure sarebbe potuto accadere qualche fatto di attualità che avrebbe potuto stravolgere le cose, ed infatti è accaduto, il maggior naufragio di migranti della storia, con accuse al governo greco, accuse ben fondate, di attuare politiche crudele nei respingimenti e di essere parte attiva nelle cause del naufragio.

Nonostante tutto, Nuova Democrazia, non solo ha confermato l’ottimo risultato ma ha anche leggermente incrementato.


Ma come mai? Come mai è così diffuso l’appoggio verso il governo (tra l’altro lo stesso governo che ha affrontato il Covid, evento che abbiamo visto in altri Paesi, Italia compresa, ha logorato gli esecutivi)?


Il perchè è collegato alla seconda ragione di interesse dell’elezione greca, infatti nell’agosto del 2022 dopo 12 anni passati da sorvegliata speciale la Grecia esce dal programma di sorveglianza rafforzata della Commissione europea e a marzo di quello stesso anno aveva finito di ripagare (con due anni di anticipo) l’ultima tranche del prestito ottenuto nel 2010 dal FMI e che aveva permesso allo stato greco di non dichiarare defualt, i tecnici descrivono l’intervento del fondo monetario internazionale come un operazione di Baliout, ossia di salvataggio, conseguente a quella che oggi definiamo la crisi dei debiti sovrani europei, che trova le sue ragioni di nascita con la crisi finanziaria globale del 2008 e deflagra nel 2011 con le crisi di: Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia.


È doveroso fare un passo indietro per andare a capire correttamente quello che accadde, in anni che oggi lo possiamo dire, furono drammatici e i cui strascichi, come vedremo, si risentono ancora oggi e non solo in campo economico.

Nel 2008 inizia la più grande crisi finanziaria mondiale della storia moderna, l’evento che tutti ricordiamo è il fallimento del colosso bancario statunitense Lehaman Brothers, ciò però ha rappresentato solo la copertina della crisi, perchè tutto il sistema mondiale della finanza e del credito ha dovuto ripensarsi ed ha subito stress fino ad allora mai visti e a cascata anche la cosiddetta economia reale è stata investita dalla crisi: aumento della disoccupazione, forte recessione economica.


Ma arriviamo al caso greco, in questo contesto nel 2009 si tengono elezioni in Grecia e ad Atene viene eletto un nuovo ministro, il socialista Giorgos Papandreou, che denuncia una volta insediato che i precedenti governi avevano truccato i bilanci con l’aiuto di alcune grandi banche di affari.

Tutto nasce da due esigenze: quella di restare all’interno di uno dei parametri di Maastricht sottoscritti come impegno per aderire all’Unione europea: mi riferisco al rapporto deficit PIL non superiore al 3% (presente anche nel patto di stabilità, successivo al trattato) e alla possibilità di finanziarsi sui mercati a tassi interessanti.


La Grecia era una nazione emergente molto ben posizionata nel contesto dei mercati internazionali, nei 40 anni precedenti alla crisi il PIL reale era quadruplicato e l’evoluzione dell’economia greca è stata costante, portando il tessuto economico ellenico a somigliare a quello dei Paesi moderni (diminuisce il peso delle produzione alimentare a favore di industria pesante e avanzata) e dimostrando un ottima apertura verso il commercio internazionale (sia le importazioni che le esportazioni salgono molto negli anni ‘80).

Agli inizi degli anni ‘80 la giovane repubblica greca (solo 6 anni prima finì la dittatura di stampo fascista dei militari del Paese, definita il periodo o dittatura dei colonnelli e il primo governo democraticamente eletto si insidiò nel 1979) intraprese il percorso di integrazione nell’allora comunità economica europea.

Ciò costrinse la nazione ad eliminare uno dei tratti protezionistici che avevano favorito la crescita del Paese: i dazi. Ciò ha un impatto negativo sull’intera economia, diminuiscono le importazioni, cresce il deficit e il debito oltre che la disoccupazione.

Nonostante questi segnali non incoraggianti a livello economico dall’entrata in vigore della nuova moneta unica l’Euro (avvenuta tra il 1999 e il 2002) il tasso di crescita del PIL viaggia su ritmi più elevati rispetto alla media degli altri Paesi dell’area Euro, la crescita dei salari è molto sostenuta e il Paese riesce addirittura ad aggiudicarsi le olimpiadi del 2004 (costate oltre 15 miliardi di euro un enormità per una nazione di 11 milioni di abitanti) e naturalmente per tutto il mondo la crescita era sostenibile, le agenzie di rating assegnavano la valutazione “A” (basti pensare che oggi l’Italia, con tutti i suoi problemi certamente, ha un rating BBB), la raccolta del debito era agevole.

L’economia della Grecia era in realtà sorretta da una spesa pubblica enorme e da settori che saranno fortemente colpiti dalla crisi (turismo e commercio), tornando al 2009 Papandreou dicevamo denuncia il broglio dei conti che avevano indicato per quell’anno un deficit del 6,7% mentre invece il vero deficit sarà al livello del 15,4%.


Non era la prima volta che ciò accadeva, già nel 2004, era stata portata di fronte alla commissione europea un interrogazione scritta dove si denunciava la falsificazione dei conti da parte della Grecia, questa volta il partito al governo era quello socialista del Pasok.

L’allora presidente della BCE Jean-Claude Trichet aveva definito la situazione greca “un vero problema, un enorme problema…dobbiamo garantire che le statistiche che forniamo siano precise e pertinenti” proprio questo era il tasto dolendo, si perchè ELSTAT non era un ente indipendente ma una costola del ministero economico.

Oltre al problema del deficit dovremmo aggiungere l’accusa a Goldman Sachs di aver ricevuto del denaro per tacere finanziamenti raccolti per l’economia greca, rendendo non chiaro l’ammontare del debito pubblico ellenico.

La Grecia a quei tassi non potè accedere al mercato dei capitali, ma i titoli restarono acquistabili sul mercato secondario con valori denaro lettera molto distanti, il che li rese dei titoli virtualmente illiquidi

Tutte queste nuove consapevolezze portarono ad una crisi di fiducia senza precedenti, il costo del debito decennale greco passò dal 4,5% pre crisi fino all’8% di metà maggio 2010, per poi esplodere nel 2011 portando il costo fino al 30%. Questo significò precludere alla Grecia l’accesso al mercato del debito, l’unica soluzione possibile sarebbe stata la concessione di credito da parte di un istituzione sovra nazionale: FMI e UE.


A questo punto si finanziò il salvataggio del Paese, ma le condizioni che vennero proposte ad oggi possiamo onestamente dire che furono punitive, costrinsero la popolazione greca a enormi sacrifici e prolungarono la recessione che durò oltre 8 anni, il PIL del paese si ridusse di un quarto, il reddito a disposizione della popolazione di un terzo, vi sono stati 20 tagli alle pensioni, la disoccupazione arrivò a superare il 25% con punte oltre il 40% per quella giovanile.

Diversi anni dopo Lagarde, oggi presidentessa della BCE, disse che le richieste di austerità furono effettivamente sbagliate perchè non avevano tenuto conto degli effetti della contrazione economica.

Quella che fu chiamata Troika (commissione, BCE, FMI) ordinò tagli enormi alla spesa pubblica che resero sempre più difficile al Paese rientrare dal debito (le entrate fiscali nonostante una pressione sempre crescente continuavano a diminuire a seguito del persistere della recessione), ciò impattò soprattutto sugli strati più deboli della popolazione (nel 2012 l’Unicef lanciò un appello segnalando la presenza di oltre 400000 minorenni che vivano sotto la soglia di povertà).

Tsipras ha goduto di molte attenzioni, in quanto rappresentava un area “quasi extraparlamentare” che si approcciava ad andare a governare, chi si aspettava iniziative esecutive prese senza compromessi restò deluso

Chi ha gestito i momenti più delicati Syriza per l’appunto, ha subito politicamente essere artefice delle politiche lacrime e sangue che sono state forzosamente fatte digerire dalla popolazione: nel 2015 anno in cui la Grecia si salvò grazie ad un altro prestito, l’allora primo ministro Tsipras indisse un referendum per chiedere se la popolazione avrebbe accettato ulteriori sacrifici a fronte del nuovo prestito, nonostante il parere negativo delle urne procedette alle nuove politiche di austerity (questo sacrificio viene oggi ricordato come salvifico per l’intera Unione  europea).

Ecco spiegato il perchè dell’exploit politico del partito di governo, ma dicevo che gli strascichi non sono esauriti, oltre a quelli economici, il PIL greco non è ancora tornato sui livelli pre 2008 come nemmeno la disoccupazione, vi è un malcontento diffuso tra la popolazione che si è tradotto politicamente nel sempre maggior peso del partito nazi-fascista ellenico Alba Dorata poi sciolto dai tribunali per aver creato un organizza criminale (uno dei leader del partito fu anche condannato per essere il mandante dell’omicidio di un giovane rapper attivista Fyssas) fino ai giorni nostri dove i partiti di estrema destra sono entrati con tre differenti rappresentanze e pesano un decimo di tutto il parlamento, questo ci riporta la necessità della continua crescita economica e salvaguardia anche di tutto gli altri fattori umani delle nostre vite. Crescita come vaccino contro la povertà e a favore della stabilità sociale.

La figura dei maiali che cercano di ingrassarsi a spese degli altri è sicuramente volgare e aggressiva, ma rispondeva ad un diffuso sentimento presente nel nord Europa che vedeva l’area mediterranea come un insieme di popoli irresponsabili e dediti alla bella vita, è stata questa linea di pensiero a portare alle richieste punitive/educative imposte alla grecia. Tutto il contrario della solidarietà europea.

Come dicevamo la crisi dei debiti sovrani non toccò soltanto la Grecia ma tutta la zona dei Paesi mediterranei oltre all’Irlanda a cui la poco gentile stampa inglese affibbio l’acronimo PIIGS.

I Paesi maggiormente coinvolti furono quelli con delle debolezze strutturali importanti, nonostante questa evidenza  si diffuse, soprattutto nelle stanze del potere, una narrativa che incolpava delle problematiche affrontate non la debolezza propria e il contesto negativo, ma la speculazione internazionale, probabilmente vi sembrerà di aver sentito anche di recente questo tipo di retorica.


È sempre la stessa storia, vi è un problema e subito ci si nasconde dietro la figura senza volto dello speculatore, a seconda del contento viene definito come un unico autore abietto che con la sua sola forza riesce a far avvenire ogni evento negativo. Questo non ha veramente senso e da un lato fa intravedere un bisogno opportunistico da parte della politica e dall’altro una profonda ignoranza delle basi economiche.

George Soros, finanziere di origine ungherese, è da ormai parecchi anni definito da diversi partiti complottisti come uno dei burattinai del mondo, alla ricerca di ogni modo per controllare tutto e tutti. Le ragioni sono da ricercare nel diffuso antisemitismo e alle sue fortune durante la crisi di inizio anni ‘90 di sterlina inglese e lira italiana. Anche in quel caso si incolpò la speculazione, ma le ragioni erano sicuramente più complesse ed avevano a che fare con le politiche economico fiscali e al sistema dei cambi fissi vigente allora.

Intanto vi riporto un numero 2 miliardi e 360 milioni, sono il numero delle azioni scambiate quotidianamente tenendo conto dei soli 500 titoli americani maggiormente quotati, è difficile poter intravedere un unico burattinaio che possa da solo orientare le scelte di milioni di operatori.

Al contrario la presenza di un numero rilevante di speculatori permette ai mercati di essere sempre liquidi e quindi alla portata di un vasto numero di persone (chi potrebbe permettersi di investire in strumenti illiquidi? Solo chi possiede ingenti patrimoni).


Inoltre quando la speculazione colpisce un particolare emittente (sia questo uno Stato o un azienda) non porta delle problematiche ma solitamente le mette in luce; recentemente abbiamo assistito ad un ondata di vendite sui Gilt inglesi (i titoli decennali emessi dalla Bank of England) a seguito di un ardito piano finanziario promesso dalla prima ministra Lizz Truss, i mercati hanno intravisto una possibile problematica e hanno reagito di conseguenza. Immaginiamoci un uomo che in un assolata mattina esca con un ombrello, se dovesse venire a piovere nessuno potrebbe imputare a lui quell’evento atmosferico, probabilmente si era prima informato guardando le indicazioni dei meteorologi.

Tornando al 2011 cosa successe in Italia? Come dicevamo prima anche nel Bel Paese le cose non andavano bene, in quell’anno vi fu un avvicendamento al governo con le dimissioni del governo Berlusconi e l’insediamento di un governo “tecnico” presieduto dal Prof. Monti, che portò anche in Italia un po’ di austerity (furono gli anni della riforma pensionistica promossa dalla ministra Fornero).

Sono rimaste celebri le lacrime della ministra Fornero alla presentazione della riforma pensionistica, nonostante il governo dei tecnici la riforma oltre a posticipare il ritiro dal lavoro andò a creare una speciale categoria di persone che si ritrovarono senza lavoro e senza i requisiti per andare in pensione: gli esodati

Nello specifico chi possedeva dei btp italiani si ritrovò nel momento di picco negativo con dei valori nominali che in caso di liquidazione avrebbero comportato perdite fino al 27%.

Naturalmente i BTP in quegli anni erano posseduti da tantissime famiglie (nel 2008 il 22% del debito era in mano a privati italiani e aziende non finanziarie nazionali, nel 2011 a quota era scesa al 16% oggi è negli intorni del 5%), erano il prodotto maggiormente apprezzato, non perchè fosse il più sicuro (come abbiamo visto) o il più redditizio (i matti avrebbero potuto arricchirsi con i titoli greci visti i dati riportati sopra) ma era il più vicino ad ogni investitore, questo è un euristica mentale che ci porta ad un errore cognitivo definito Home Bias che ci porta a preferire tutto ciò che è in una qualche misura familiare e che ci da quindi un idea di sicurezza che però tendiamo a sovrastimare, questo non capita solo in finanza ma quasi quotidianamente nelle nostre vite, basti pensare a quando ordiniamo in una pizzeria sconosciuta ordiniamo la pizza che di solito scegliamo normalmente oppure ancora nella scelta tra due prodotti tenderemo a scegliere quello di una marca di cui abbiamo già avuto esperienze in passato.


Questo tipo di percorso mentale ci fa risparmiare energie, ma in campo finanziario può portarci a cocenti problematiche e l’unica maniera che abbiamo per superarlo è quello di sforzarci un po’ di più e procedere con una corretta diversificazione.


In conclusione l'attuale vicenda greca ci aiuta a ricordare come le problematiche economiche possano andare a destabilizzare interi paesi e gli antidoti sono da ricercare all'interno dei controlli propri di ogni Stato democratico e nella ricerca della crescita.

Inoltre noi investitori abbiamo imparato che il futuro è imprevedibile e anche se confortevole dobbiamo convincerci a diversificare i nostri investimenti per non rischiare spiacevoli sorprese.

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