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LA GIORNATA PIU’ CALDA DI SEMPRE

Aggiornamento: 8 lug 2023

Oggi voglio parlarvi non di uno ma di tre record che sono stati infranti uno in fila all’altro, si perchè il 5 luglio di quest’anno è stato battuto il record per la giornata planetaria mediamente più calda, infatti è stata registrata la temperatura record di 17,18 gradi Celsius.

Questo grafico riporta le temperature medie globali e le sovrappone per i vari anni, si nota come gli ultimi due anni stanno ben oltre i valori medi e valori che rappresentano il 95% dei dati. Una curiosità i mesi più caldi corrispondono all’estate boreale semplicemente perchè l’emisfero australe ha meno terre emerse.

Può apparentemente sembrare una temperatura mite, ma considerate che è stata stimata prendendo in considerazione sia i poli che l’emisfero boreale che si trova all’inizio dell’inverno.

Naturalmente quando parliamo di temperatura più alta di “sempre” ci riferiamo alle temperature più alte registrate dal 1979 in avanti, questo perchè solo in quell’anno si sono raggiunte le tecnologie che hanno permesso di effettuare queste stime. Se volessimo tornare indietro nel tempo avremmo dati non corretti oppure solo stime effettuate da geologi.


Già di per se la notizia avrebbe un peso specifico rilevante, ma a questa si aggiunge i record che ha battuto, quello precedente risaliva al 4 luglio di questo stesso anno e se si vuole risalire al record storicamente precedente basterebbe guardare alle 24 ore precedenti (3 luglio).

È lecito ora aspettarsi e questo ce lo confermano anche i meteorologi, che quest’anno assisteremo a nuovi record al rialzo sul fronte temperature e questo per due ragioni.


La prima è che quest’anno è in corso il fenomeno che riguarda l’oceano pacifico El Nino, si tratta di un surriscaldamento dell’acqua superficiale del più grande oceano, questo porta a scompensi climatici (forti piogge solitamente nelle Americhe o siccità nella zona asiatica) e ad innalzamenti medi delle temperature, infatti l’ultima volta che si è registrato (il 2016) le temperature medie registrate sono state le più alte.


La seconda ragione ha a che vedere con il surriscaldamento globale dovuto alle attività umane, il mix dei eventi sta portando a queste temperature mai registrate (faccio una breve parentesi perchè erroneamente qualcuno potrebbe essere spiazzato relativamente alle alte temperature riportate nell’articolo, in fondo stiamo attraversando un estate più fresca rispetto alla torrida del 2022, ma questo pensiero trova la sua fallacia nel BIAS della disponibilità, ossia quell’euristica che il nostro cervello mette in moto per risparmiare che ci porta a plasmare le nostre idee partendo da i dati che più ci sono vicini o che comunque sono più disponibili per noi).


Ovviamente il surriscaldamento non è dovuto alle attività umane di per se, toglietevi dalla testa varie teorie abbastanza bislacche che ipotizzano che gli aumenti delle temperature siano da collegare alla numerosità della popolazione mondiale, o ancora al calore sprigionato dagli strumenti utilizzati sulla terra (motori, termosifoni, strumenti industriali, fiamme libere, etc), la terra non si scalda come un appartamento, quello che incide ad aumentare la temperatura sulla terra è la presenza di gas serra (quali ad esempio metano e CO2 per citarne solo alcuni), presenza che è stata artificialmente incrementata dall’uomo e dal come l’essere umano crea energia per la sua società, ossia attraverso la combustione.

Conosciamo l’effetto serra fin dalla metà del 1800, quando prima Eunice Foot (ma siccome era una donna non venne mai in realtà presa sul serio) e John Tyndall dimostrarono tramite esperimenti che l’aria potesse assorbire calore e già nel 1896 lo scienziato svedese Arrhenius calcolò che un aumento dell’anidride carbonica collegata agli effetti dell’ industrializzazione avrebbe portato ad un aumento della temperatura media. Inoltre gli studi effettuati nel corso degli ultimi 20 anni concordano (nel 97% degli studi) che l’aumento della temperatura è dovuto alle emissioni di CO2 causate dall’uomo.

Questo è un tweet di Trump ben prima che diventasse presidente e riporta una assurda teoria che indica il riscaldamento globale come una fare news per avvantaggiare la cina😳

Nonostante queste continue conferme nella popolazione c’è un certo disorientamento, fino a poco tempo fa il 43% dei cittadini americani credeva che non vi sia una visione comune a livello scientifico, ma questo è probabilmente imputabile ad una par condicio mediatica (che solitamente fa alzare gli ascolti) e ad una forte attività di lobbing da parte delle principali aziende inquinanti: le società di idrocarburi.

L’infografica riporta le 20 maggiori aziende per emissione di co2

In ogni caso grazie ad attività da parte di gruppi di pressione popolare e alla circolazione delle scoperte grazie alle nuove tecnologie, oggi il tema della sostenibilità (tra l’altro il termine applicato allo sviluppo è relativamente recente ossia gli anni ‘80 in Svezia e arriverà in un programma delle Nazioni Unite solo nel 1987, resta sottointeso che quando si parla di sostenibilità si fa riferimento al proseguio della vita per le specie animali e vegetali oggi viventi, il mondo andrà avanti anche se arrivassero temperature doppie rispetto a quelle attuali, ma la vita no) si è sensibilmente sviluppato e oggi la maggior parte dei governanti mondiali sono in accordo sulla necessità di trovare una maniera per arginare l’aumento della temperatura globale, accordo che sfocerà nel 2015 all’accordo di Parigi sulla neutralità climatica, con l’obiettivo, che ormai pare irraggiungibile, di arrestare l’aumento della temperatura ad un solo grado e mezzo, solo successivamente si sono anche aggiunti i 17 obiettivi ell'ONU.

Questi riquadri rappresentano i 17 obiettivi delle nazioni uniti, probabilmente vi sarà capitato di vederli a fianco di progetti europei o nelle schede di alcuni fondi di risparmio gestito

Però su questo tema nascono i primi conflitti tra nazioni che oggi portano al depotenziamento dell’accordo. Infatti le nazioni in via di sviluppo hanno chiesto delle deroghe, affermando che non si può chiedere ai nuovi arrivati sul palcoscenico mondiale di non fare quello che i Paesi avanzati hanno fatto in precedenza.

Qui viene fatto notare quante emissioni produce ogni Paese

Se si guardano i dati effettivamente balza all’occhio che la sola Cina e India pesano per un terzo delle emissioni globali

Qui i valori di emissioni di CO2 vengono ponderate per gli abitanti. Si notano i Paesi produttori di idrocarburi in testa. Si nota la presenza di Trinidad & Tobago che è il Paese maggiormente industrializzato dei Caraibi (il 95% di questo risultato è però da attribuire alle industie di idrocarburi)

ma i numeri cambiano quando andiamo a vedere le emissioni per abitante (in questo caso le emissioni di Cina e UE si equivalgono)

e notiamo delle differenze notevoli e appoggiano la visione dei Paesi emergenti quando andiamo a vedere chi storicamente ha inquinato di più, con USA e UE nettamente in testa.

Ma seguendo questi ragionamenti si perde uno dei punti più importanti della discussione, ossia che le emissioni di CO2 sai sono incrementate in maniera rilevante nel periodo più recente della storia umana. Basti pensare che un uomo di 85 anni avrebbe visto il 90% di tutte le emissioni di CO2 della storia umana (dimentichiamoci la favola della Londra industriale come il posto più inquinato di sempre) e un ragazzino di 15 anni ha già assistito al 30% delle emissioni storiche.

Si conferma il settore energia quello maggiormente inquinante ma da sottolineare anche le performance negative dell’allevamento, ultima colonna a destra

Ma noi in tutto questo come possiamo agire? Partiamo dalla consapevolezza che l’atteggiamento del singolo incide pochissimo sui dati mondiali, ma allo stesso tempo potremmo dire che goccia dopo goccia vengono a riempirsi gli oceani. Sicuramente dobbiamo avere un approccio sostenibile anche nella vita di tutti i giorni e favorire scelte magari più scomode ma che tengano presenti le esternalità negative che i nostri comportamenti creano (una doccia calda di 10 minuti emette 2 kg di CO2, non dico di non lavarsi, ma almeno evitare il bagno) ed avere stili di consumo che vadano a premiare acquisti numericamente inferiore, quando possibile l’economia circolare (il fenomeno del second-hand) e scelte alimentari che non prevedano eccessi di carne (e la scelta di carni dal costo superiore ma che non siano state allevate con metodi intensivi).

Considerando i settori che maggiormente inquinano anche la scelta dei nostri mezzi di trasporto deve essere consapevole nell’inquinamento che andiamo a creare, quindi privilegiare per i tratti brevi l’uso della bicicletta o di veicoli leggeri o elettrici, mentre per i tratti medi preferire il trasporto pubblico ferroviario e usare il trasporto aereo solo per i voli a lunga percorrenza.

Naturalmente anche le nostre scelte politiche e le nostre richieste verso i politici stessi possono essere importanti per creare ricadute positive per il clima e il futuro.

Oltre a tutto quello detto prima anche le nostre scelte quando si parla di allocazione dei risparmi e investimenti possono avere un incidenza sul miglioramento della situazione.

Da tempo infatti sono presenti classificazioni ESG (acronimo inglese che sta per environmental, social and governance in italiano ambiente, società e governo) che mirano a mettere in luce gli approcci meritori sotto tre aspetti fondamentali per la vita umana.


Quando parliamo di mondo ESG ci troviamo di fronte ad un mondo complesso e variegato che ci impone di riflettere in maniera approfondita, infatti esistono approcci ESG differenti che però talvolta finiscono per non premiare chi vorremmo realmente avvantaggiare, facendo un esempio esistono fondi che investono tramite la strategia ESG best in class in questa maniera scelgono i migliori relativi in ogni settore, ma senza adeguate esclusioni finiremmo per avere aziende altamente inquinanti in portafoglio, solo perchè sono i meno peggio tra i loro pari.


Per cercare di aiutare l’investitore finale anche l’unione europea si è mossa facendo uscire un regolamento che va a normare la nomenclatura dei fondi, il regolamento SFDR individua tre categorie di fondi sostenibili:


  • l’Articolo 6 riguarda i prodotti che si limitano a valutare e gestire i rischi di sostenibilità;

  • l’Articolo 8 riguarda i prodotti che promuovono aspetti ambientali e sociali, integrando i criteri ESG nel processo d’investimento;

  • l’Articolo 9 riguarda i prodotti che si pongono un obiettivo sostenibile e che, pertanto, puntano a ottenere specifici risultati di sostenibilità – a livello ambientale o sociale – e al tempo stesso perseguono risultati finanziari. Questi prodotti mirano a ridurre, per quanto possibile, eventuali effetti negativi di ordine ambientale, sociale o di occupazione, integrando nelle decisioni d’investimento il rispetto dei diritti umani e la lotta alla corruzione e alle tangenti


Questi prodotti producono una informativa ad hoc che deve essere facilmente comprensibile per il clienti, inoltre per i prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’Articolo 8 o dell’Articolo 9, i requisiti sono più specifici, e impongono agli Asset Manager di dichiarare:


  • come la strategia d’investimento tiene conto delle caratteristiche ESG o dell’obiettivo sostenibile, anche rispetto alla prevista asset allocation;

  • dettagli riguardanti l’obiettivo o gli obiettivi ESG, e una scomposizione delle diverse categorie d’investimento;

  • dettagli circa il modo di quantificare e gestire gli impatti negativi e le modalità di esclusione di asset che potrebbero arrecare danno agli obiettivi di sostenibilità;

  • un elenco degli indicatori di sostenibilità applicabili;

  • informazioni circa la compatibilità del ricorso a strumenti derivati con le finalità ESG del prodotto.


C’è da dire che la strada è ancora lunga sotto questo punto di vista, infatti non esiste un vero standard comunicativo, e l’investitore finale si trova in difficoltà a confrontare due differenti fondi che hanno la medesima certificazione.

In ogni caso è empiricamente confermato che fondi che rispettano i maggiori criteri ESG hanno un ritorno maggiore anche in termine finanziario.

Naturalmente esistono ancora dei rischi per l’investitore da ricercarsi principalmente nelle pratiche di greenwashing, si tratta di comunicazioni false o artefatte da parte di aziende o asset manager volta a far sembrare se stessi o i propri prodotti migliori dal punto di vista della sostenibilità e quindi anche più appetibili per i risparmiatori (giusto per capirci il nome è stato coniato negli anni ‘80 per denunciare un hotel delle Fiji per aver incoraggiato il riutilizzo degli asciugamani, apparentemente per amore dell'ambiente, ma in realtà per tagliare i costi). Porto due esempi concreti che si sono verificati: il più vicino a noi riguarda un importante asset manager europeo DWS (parte del gruppo Deutsch Bank) che è stato denunciato da una ex dipendente licenziata ma che al tempo doveva coordinare gli investimenti sostenibili (praticamente una whistleblower) che ha dichiarato che i parametri utilizzati dalla società erano laschi e che per giunta non vi fossero abbastanza controlli che ne garantissero l’applicazione, l’indagine supportata dalle autorità tedesche ha portato il CEO dell’azienda a rassegnare le dimissioni.

Un caso più lontano nel tempo è quello della BP la british petroleum, già dal nome è chiaro che l’azienda lavora nel settore degli idrocarburi e magari qualcuno si ricorderà che proprio BP è stata responsabile nel 2010 di un enorme versamento di petrolio nel golfo del Messico derivante dal danneggiamento di un pozzo di estrazione.

Nel 2000 l’azienda decise di cambiare la sua immagine pubblica cambiando il logo, un sole stilizzato e nome, da petrolio britannico a Beyond Petroleum (oltre il petrolio), nonostante questo nessun reale impegno nelle energie alternative fu portato avanti, si trattò soltanto di un operazione di marketing per ripulire la propria immagine. Ma a quanto pare l’azienda non ha perso il vizietto e proprio lo scorso anno è tornata ad investire in pubblicità (dopo il disastro del 2010) esagerando l’impegno per le energie rinnovabili a dispetto del loro business più importante.

Oltre ad avere un effetto distorsivo il greenwashing può minare l'intera industria.

Le criticità sono molte ma non mancano gli spunti per guardare al futuro con positività, infatti ultimamente si è notato come la crescita sia aumentata in maniera maggiore rispetto all'inquinamento cosa che in passato non si è verificato e questo potrebbe essere un segnale di un economia più resistente alle sirene della crescita a qualsiasi costo.

Come abbiamo visto la questione climatica è strettamente correlata all’attività umana e anche se in piccola parte ognuno di noi può fare la propria parte non si parla di pratiche di facile applicazione e un aiuto potrebbe essere necessario.


In questa sede sono riuscito a trattare solo una piccola parte della problematiche (e delle ipotetiche soluzioni) ma l'argomento climatico si potrebbe estendere alla maniera in cui costruiamo e all'utilizzo intensivo del suolo a discapito delle superfici boschive e anche in ambito ESG si potrebbero approfondire le componenti S e G (come ad esempio le pari opportunità o le differenze salariali all'interno delle aziende o al rispetto dei diritti umani da parte degli Stati).

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