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LA MORTE DI BERLUSCONI

Aggiornamento: 14 mar

La notizia che questa settimana ha trovato più spazio sui giornali e on Line è sicuramente stata la morte di Silvio Berlusconi ed effettivamente non poteva che essere così,  perchè Berlusconi è stata una persona presente per un lunghissimo periodo della storia italiana e ripensare a Berlusconi significa ripensare alle nostre vite, sia che fossimo dalla sua parte, sia che fossimo opposti alle sue idee e successivamente alle sue politiche.

Si è scritto che Berlusconi sia stato un uomo dai mille volti: imprenditore edile, agente pubblicitario, proprietario di club di calcio (non solo di calcio), magnate dell’informazione, fondatore di banche e politico.

Con lati positivi, principalmente rappresentati dal suo successo personale e lati oscuri, tra vizi nella vita privata e collusione con personaggi poco chiari della nostra storia repubblicana.


Berlusconi inoltre ha incarnato il mito americano in Italia, figlio di un impiegato bancario (che sicuramente voleva dire un buon posto nella media borghesia, ma non era il biglietto per poter essere ricchi) riuscì a diventare uno degli uomini più ricchi del Paese e per tratti il più influente.


Anche nella politica rappresentò il mito americano: fervente anticomunista, a parole per uno Stato leggero (solo a parole) e per un fisco leggero (eredità del pensiero reganiano).

Basti pensare che il famoso contratto con gli italiani, proposto negli studi di Vespa nel 2001, fu un plagio politico del “contratto con l’America” di Gingrich deputato Repubblicano, che nel ‘94 ebbe questa idea geniale che portò i repubblicani a prendere il controllo della camera, ma allora internet non era diffuso come oggi e quel tipo di comunicazione sembrò (ed effettivamente lo era per il nostro Paese) innovativa. Questa modalità si radicò così tanto nella nostra politica che anche i governi venuti più tardi hanno sempre dichiarato cosa hanno fatto nei primi 100 giorni di governo.


Ma qui vorrei parlare di altro, vorrei far notare come un uomo possa auto influenzarsi e influenzare un intera nazione. Berlusconi è stato prima che politico un imprenditore, lo fu per quasi tutta la sua vita, e in politica portò queste idee che aveva consolidato nel suo lavoro: lo Stato funziona meglio se gestito come un azienda privata e sopratutto il settore più importante in economia è l’edilizia.


La carriera di Berlusconi infatti inizia come agente immobiliare e poi costruttore (dapprima piccolo ma subito in rapida espansione, Fininvest nascerà per far confluire le sue imprese immobiliari), questa esperienza lo condizionerà per tutta la vita.


Basta scrivere su Google Berlusconi e piano casa e troveremo articoli di ogni anno dal 2000 in avanti. Ed effettivamente le politiche per la proprietà della casa sono state tante: si oppose fin dal ‘94 all’ICI e nel 2008 si impose per togliere la tassa dalla prima casa, si oppose sempre ad una riforma del catasto, ha introdotto la cedolare secca sugli affitti.


Addirittura lo scorso anno ha citato nuovamente (l’ha fatto diverse volte nella sua carriera politica) il motto francese:

"Quand le bâtiment va, tout va" un motto attribuito a Martin Nadaud (che con Berlusconi condivide il percorso, prima costruttore e poi politico) che però lo disse nella seconda metà dell’800.

Proprio un articolo francese della tribuna del 2017 va a smentire questo detto, infatti fa notare come l’edilizia non è mai pesata così poco sulla crescita del PIL nazionale come negli ultimi anni e che una volta esaurito l’impegno della ricostruzione del dopoguerra (anni 50-70) dagli anni ‘90 si può parlare di un periodo di “de-costruzione” nazionale (naturalmente il discorso può essere esteso a tutti gli stati europei).

Il settore delle costruzioni risulta stagnante e sono sempre meno i permessi per le nuove costruzioni.

Passando all’Italia i dati dell’agenzia delle entrate riportato che il 75% delle famiglie italiane è proprietaria delle case in cui vive. Quindi è effettivamente diffusa all’interno della popolazione nazionale l’idea di investire nel mattone.

Veniamo al valore commerciale degli immobili, che a quanto abbiamo detto in precedenza risulta l’investimento maggiore di ogni famiglia italiana, fatta eccezione della provincia di Milano (dove negli ultimi anni i prezzi sono sempre saliti facendo segnare un +40% in questo lasso di tempo), i valori storici medi (la differenza su base regionale è molto rilevante, si va da un prezzo medio in Calabria di circa 50000 € per immobile agli oltre 200000 € della Valle D’Aosta) hanno avuto delle contrazioni importanti fino al 2020 per poi riprendersi in questi ultimi anni, anche con importanti risalite, ma non permettendo all’investimento immobiliare di difendersi dall’inflazione del periodo (dati immobiliare.it).

Cosa diversa quando andiamo a vedere alla rendita degli immobili, osserviamo che i livelli medi di affitto nello stesso periodo di tempo prima considerato sono sempre in aumento. Con picchi di oltre il 50% e valori intorno al 10% di aumento in tutta Italia.

Passiamo all’ultimo capitolo indagabile (il rischio di non riscuotere l’affitto risulta difficilmente monitorabile): il costo di manutenzione degli immobili. Le case nonostante il fatto che siano considerate investimenti sono beni deperibili e che vengono “consumati”. Da questo punto di vista il parco immobiliare italiano soffre molto infatti oltre il 50% ha più di 45 anni e il 60% si trova nelle classi energetiche più basse (G e F). La manutenzione degli immobili risulta buona per le parti private e inferiore per le parti comuni (come le facciate dei condomini), questo comporta rischi che potrebbero ricadere in futuro sul valore capitale degli immobili.

Molti degli immobili di proprietà risultano acquistati con un finanziamento ipotecario. Risulta ora interessante prendere dei risvolti Teoria Generale Keynesiana che ha gettato le basi per la moderna macroeconomia e che vede con favore degli investimenti in edilizia pubblica (le vecchie case popolari), mentre identifica come condizione problematica il momento in cui l’investimento immobiliare priva di una grossa fetta di consumo privato (il classico esempio di immobile acquistato con mutuo); se aggiungiamo che tutte queste case di proprietà rendono il parco affittabile ridotto (e ne aumentano i costi in questo modo, diventando una risorsa scarsa) e il loro acquisto tramite prestiti aumenta la quantità di moneta in circolazione (le banche commerciali creano moneta col prestito) che a sua volta determina un aumento dell’inflazione, nello stesso tempo una proprietà così diffusa e frammentata sfavorisce l'investimento in nuove costruzioni e nella manutenzione degli immobili più datati; il risultato definitivo non può che essere considerato negativo.

Anche se si prendono i fondi di risparmio gestito si nota come i risultati che hanno riportato risultati che non definirei entusiasmanti (fatti con un esposizione al rischio comparabile a quella azionaria).


Certo questa idea dell’immobile come rifugio sicuro dei risparmi di ogni cittadino del Paese ha fatto si che si contraessero le risorse destinate al resto dell’economia reale, inoltre essendo un investimento che prevede un costo di ingresso elevato ha facilitato la grande presenza di liquidità sui conti correnti (parliamo di oltre 1100 miliardi di euro fermi sui conti correnti).


Risulta difficile quindi capire se Berlusconi abbia calvacato questa propensione italiana per la casa, oppure ne abbia favorito la diffusione dell’idea, o ancora in quanto italiano nato negli anni ‘30 questa idea è da ritenersi propria, un tratto culturale distintivo (negli altri Paesi europei e negli Stati Uniti soprattutto la questione è molto diversa), sicuramente le sue vicende personali hanno plasmato la maniera in cui lui vedeva il mondo.


Comunque la si pensi la figura di Berlusconi è stata certamente rilevante in Italia e le sue idee hanno orientato le idee del Paese (nel bene e nel male) negli ultimi 40 anni.


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