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LA SETTIMANA DEGLI ESAMI DI MATURITÀ

Questa settimana sono iniziati un po’ in tutta Italia gli esami di Stato la cosiddetta maturità (nome che in realtà non dovrebbe essere più in uso dal 1997) che tradizionalmente chiude il percorso di studi della scuola.

Resi celebri anche nella cultura pop, dalla canzone di Antonello Venditti “notte prima degli esami” e dall’omonimo film di Fausto Brizzi.

Sui giornali sono descritti come un rito di passaggio: tra l’età dell’innocenza e quella adulta. In realtà descrivono un Paese che non esiste più, se non nel ricordo degli stessi lettori.


Oggi l’esame non rappresenta l’inizio o la fine di nulla, in altri Paesi, anche europei, l’esame o non esiste o ha una valenza puramente formale (come da noi anche se ci ostiniamo di glorificarlo). Lo stesso titolo di studio vale molto meno che in passato, la velocità della tecnologia è tale che sarebbe impossibile rincorrere la novità per la scuola.


Il fine della scuola dovrebbe essere formare dei futuri cittadini, che possano prendere delle scelte in maniera consapevole. Per fare questo a cosa può servire un esame?

Mi preme questo ultimo punto, la creazione di persone che possano vivere nel loro tempo e fare delle scelte realmente consapevoli che gli permettano di definire il proprio futuro.  Tra le questioni più importanti che riguardano la vita di tutti i giorni vi sono quelle di ordine finanziario e nonostante la loro rilevanza e il loro impatto sulle nostre vite in Italia abbiamo una scarsissima educazione finanziaria, tra gli ultimi posti in Europa ma anche nel mondo.

Annualmente Edufin (comitato presieduto da un direttore scelto dal ministro delle finanze e da quello dell’Istruzione, oggi è la prof.sa Annamaria Lusardi) pubblica dei rapporti sullo “stato dell’arte”.

Eloquente è stato il titolo della pubblicazione del 2021: “la conoscenza (finanziaria) come anticorpo alla vulnerabilità economica”. Ed è assolutamente vero, la conoscenza è il miglior strumento che ognuno di noi ha per uscire da una situazione di difficoltà (sia economica che di ogni altro tipo).

Gli impegni per portare ad un pubblico maggiore l’educazione finanziaria ci sono: ad esempio banca d’Italia ha pubblicato un sito (economiapertutti.bancaditalia.it) che in maniera semplice e con una grafica curata (solitamente queste iniziative hanno una grafica un po’ stantia) cerca di spiegare le basi del risparmio, della creazione del reddito e degli investimenti.


Ancora, CONSOB, sta predisponendo un progetto (“dal baratto al Bitcoin”) che dovrebbe nelle intenzioni portare nella scuola secondaria (il quarto e il quinto anno) l’educazione finanziaria.

Anche dal lato di chi dovrebbe fornire ai propri clienti dei supporti educativi (tutti gli intermediari finanziari) vi è la volontà di impegnarsi ancora di più, a riprova di ciò riporto il sottotitolo dell’ultimo salone del risparmio appena conclusosi: “accompagnare l’investitore verso scelte consapevoli”.

Inoltre vi sono tantissime iniziative in Ottobre che è stato designato come mese dell’educazione finanziaria (costruisci oggi quello che conta per il tuo futuro), indetto dal 2018 proprio dal comitato Edufin che abbiamo citato in precedenza.

Ciò nonostante se prendiamo l’ultimo rapporto Edufin, quello del 2022 (lo potete ricercare sul loro sito quellocheconta.gov.it) ci rendiamo conto che la strada da fare è ancora tanta (forse troppa) infatti solo il 44% del campione risponde correttamente a tutte e tre le domande base del sondaggio (inflazione, diversificazione, tassi di interesse che loro chiamano le Big Three).

Un dato sostanzialmente invariato rispetto alle precedenti rilevazioni.

Se si vanno a spacchettare i dati notiamo come effettivamente il livello di educazione dei soggetti sia correlato positivamente con le risposte esatte, ma non quanto ci si potrebbe aspettare, i laureti rispondono correttamente solo nel 51% dei casi.

Inoltre è strano che i più “istruiti” siano i più anziani, (over 65 risponde correttamente il 55% degli intervistati contro il solo 30,5% della fascia 18-34), quasi a far immaginare che siano le lezioni di vita ad aver impartito più lezioni (tornando all’inizio, forse diventeremo realmente maturi solo oltre l’età della pensione).


Merita una riflessione anche gli ostacoli che determinano l’incapacità di apprendere le basi finanziarie, al primo posto vi è (per il 30% degli intervistati) la mancanza di contenuti o referenti all’altezza, al secondo posto (10%) si lamenta la banalità o l’eccessiva complessità dei contenuti.

In questo caso mi pare che il pubblico sia o distratto oppure affetto dalla sindrome Dunning-Kruger: i meno acculturati hanno l’impressione di sapere già tutto (quindi qualsiasi cosa è o noiosa o mal fatta) mentre al crescere della conoscenza si diventa consapevoli di sapere molto poco (e si viene respinti dalla materia per mancanza di tempo da impiegare).

Abbastanza strane sono anche le risposte alla domanda: da chi vorreste fossero trattati questi temi? La stragrande maggioranza, quasi un plebiscito, pensa che dovrebbero essere le istituzioni a farsi carico di questa educazione (Banca d’Italia, Stato e scuola) eppure solo il 20% è a conoscenza delle iniziative messe in piedi proprio dalle istituzioni e la maggioranza afferma che si informa nel luogo meno istituzionale e meno verificato possibile, i social.


In questi ultimi anni abbiamo avuto un catalizzatore di attenzione, il COVID, sulle materie finanziarie, infatti in soli due anni abbiamo vissuto di tutto: recessione, crollo dei mercati, stimoli monetari straordinari, feroce bull market, ritorno prorompente dell’inflazione, misure di restrizione monetaria e crollo dei mercati. Cose che probabilmente nel passato sarebbero accadute in un decennio.

Il rischio di aver ricevuto una rapida attenzione è che sia un attenzione “sbagliata” ci si aspetta di vivere su una montagna russa, quando invece tutto è solitamente più lento e noioso.

Comunque ben vengano tutti i nuovi contenuti che vengono proposti: podcast, serie tv, libri e genericamente spazio.

WOLF UNO DEI TANTI PROGETTI PODCAST NATI RECENTEMENTE E A TEMA EDUCAZIONE FINANZIARIA

A mio avviso la materia ha sempre avuto un problema comunicativo forte, è sempre stata rivolta ad un pubblico già formato e non ha mai realmente provato ad educarne uno nuovo.

Però anche una comunicazione corretta e targettizzata non può risolvere la problematica: abbiamo bisogno che l’educazione finanziaria entri nelle scuole, anzi, ancora di più che entri nelle vite delle persone.


In casa, a lavoro, tra famigliari e tra amici non si parla mai di soldi. È un tabù condiviso: da una parte non si vuole essere giudicati per quel che si ha (sia che sia poco, sia che sia tanto) dall’altra si ha paura del confronto, ci si vergogna di non essere all’altezza di quelli che consideriamo nostri pari (oppure non si vuole che qualcuno si vergogni per non essere alla nostra altezza).

Non si pensi che questo sia un atteggiamento recente: Saint-Simon (visse all’epoca del Re sole, morì prima degli eventi rivoluzionari) divenne famoso per una gigantesca autobiografia, quando riportò il disegno di legge che imponeva a tutti di dichiarare il proprio patrimonio si oppose fermamente, i suoi argomenti erano i seguenti: la chiarezza patrimoniale aveva la conseguenza indesiderata di svelare i segreti familiari, avrebbe rovinato le stesse famiglie mettendo parenti gli uni contro gli altri ad ogni grado e infine avrebbe messo in piazza gli affari di tutti, un enorme violazione della privacy.

IL CONTE SAINT SIMON, PARENTE DEL FONDATORE DEL SIMONISMO

Questo atteggiamento ancestrale ci porta a cascata a non parlare con i nostri bambini che sentono mai parlare di denaro, un articolo del New York Times riportava che l’80% dei genitori (benestanti) non avessero mai parlato di soldi con i propri figli.


Si instaura un circolo vizioso che mantiene tutti nell’ ignoranza e non permette di sviluppare appieno le nostre personali aspettative finanziarie e allo stesso tempo zavorra l’intera società nel suo percorso di crescita, anche perchè sia chiaro, l'ignoranza finanziaria ha un costo, gli americano lo quantificano in oltre 1600 dollari all'anno (tra l'avere una conoscenza approfondita e non averla), oltre che economico anche sociale, pensate a tutte le truffe che solitamente colpiscono i più fragili dal punto di vista dell'educazione, o ancora i drammi collegati a investimenti sbagliati (da Parmalat a Banche venete, passando per Bond argentini e Lehman Brothers).


L'impegno deve essere in capo ad ognuno, dalle istituzioni a noi singoli.


Alla prossima settimana!

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