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LA SETTIMANA DEL QUASI DEFAULT DEGLI STATI UNITI

Aggiornamento: 14 mar

Il 2 giugno 2023 è definitivamente stato approvato l’accordo per l’aumento del debito pubblico americano. E’ stato direttamente annunciato dal Presidente degli Stati Uniti Biden in un discorso tenuto dallo studio ovale.

Lo stesso presidente statunitense ha festeggiato l’accordo definendolo una grande vittoria che ha scongiurato uno storico default per il Paese.

I mercati possono stare tranquilli su questo fronte dopo settimane turbolente.


Questa è la notizia che avete potuto leggere in ogni piattaforma on Line o su ogni giornale cartaceo, ma credo che a molti abbia stimolato dei pensieri e dei quesiti:

-ma cos’è un default?

-è la prima volta che accadeva questo?

-ma se l’accordo dura fino all’inizio del 2025 i miei soldi sono in pericolo?

Penso che siano tutti quesiti leciti, ai quali sia corretto dare una risposta, andiamo per ordine.


CHE COS’È UN DEFAULT?

La parola default in senso economico si traduce in italiano con insolvenza o ancora con fallimento.

Ci troviamo di fronte ad un emittente debito (sia esso uno Stato o un azienda) che non riesce (o vuole o può, vedi la Russia lo scorso anno) a ripagare pienamente un debito preventivamente stipulato.

Potrebbe essere non ripagato correttamente l’interesse, oppure potrebbe non essere rimborsato il valore nominale (vedi le varie vicende argentine).

Badate bene che queste possibilità dal 2013 sono direttamente normate all’emissione dei titoli di stato dell’area UE. Sono le clausole CACs e prevedono la possibilità per lo stato di tagliare il valore nominale del bond (obbligazione), ridurne le cedole o ancora di allungarne la durata.

Ma perchè nessuno vuole dichiarare default? Questo è semplice, l’incapacità di pagare correttamente un debito preclude la possibilità di emetterne altro nel futuro o costringe a farlo a costi nettamente maggiori.

Inoltre l’impossibilità a pagare i creditori può portare a sommosse sociali, basti pensare che la rivoluzione francese iniziò proprio perchè il re di Francia con la cassa vuota fu costretto a convocare gli stati generali.

Il default europeo storicamente più vicino a noi è quello della Grecia nel 2015, che ripagò in ritardo un debito contratto col fondo monetario internazionale, ma quello che probabilmente è più vivido nella mente del risparmiatore italiano è il caso del default argentino del 2001, in quel caso il mancato pagamento fu di 90 miliardi di euro e oltre il 15% di questo era in mano a piccoli risparmiatori italiani.

L’Italia unita invece non è mai andata in default.


È LA PRIMA VOLTA CHE GLI STATI UNITI DEVONO ALZARE IL TETTO DEL DEBITO?

La risposta breve è no, assolutamente no. Il tetto del debito è stato introdotto ad inizio ‘900 per rendere più agile (oggi pare strano) l’emissione di nuovo debito, infatti in precedenza lo Stato doveva chiedere al congresso l’autorizzazione per ogni singola emissione di debito, in questo modo venne lasciata maggior discrezionalità al governo di emettere debito.

Da allora il tetto del debito è stato aumentato oltre 80 volte, ma l’aumento del debito è diventata una notizia di prima pagina solo dal 2011, anno in cui il governo Obama dovette fronteggiare la più grande crisi finanziaria della storia, in quell’anno gli Stati Uniti persero la tripla A come giudizio del loro debito (recuperata negli anni seguenti).



MA I MIEI SOLDI SARANNO A RISCHIO DOPO IL 2025?


Più che ragioni economiche, il debito statunitense è effettivamente il debito più grande al mondo in valore assoluto, questi dibattiti sono da ricondurre a problemi politici, dovuti in primis alla polarizzazione della politica americana ( anche nel 2014 ci fu lo stesso problema e tutte e tre le volte sono accomunate da una presidenza democratica e un congresso guidato dai repubblicani).

Quindi tendo a dubitare che il debito americano sia effettivamente a rischio. C’è sempre da considerare che il debito di qualcuno è l’attività di qualcun’altra, nessuno ha interesse (nè il debitore, nè il creditore) a vedere non onorata un emissione di debito.

È comunque vero che il futuro non è conosciuto e che improbabile non vuol dire impossibile, resta sempre valida una delle regole auree degli investimenti: cerca sempre di diversificare.

Effettivamente è proprio la diversificazione che può metterci al riparo dal rischio di credito di un singolo Paese (anche quando il Paese è il proprio, ma parleremo un altra volta di questi bias comportamentali).


Alla prossima.

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